da NOVA il SOLE 24 ORE

Attualmente per proteggersi dal contagio, o almeno limitare i rischi, esiste solo un modo: indossare le mascherine quando siamo a contatto con altre

persone. Almeno finché non sarà pronto un vaccino o una cura, i dispositivi di protezione personale saranno indispensabili, oltre che obbligatorie.

E in quanto accessorio di cui è impossibile farne a meno, le mascherine facciali sono diventate la nostra nuova ossessione. Vogliamo, a ragione, sapere tutto sulla loro efficacia. Quale tipo di mascherine ci servono per proteggere le altre persone e noi stessi dai droplet? Le mascherine usa e getta quanto possono essere usate e quelle lavabili sono efficaci tanto quanto le mascherine chirurgiche?

Domande per le quali, se c’è la necessità, è bene approfondire. Nel futuro da dispositivi passivi quali sono, le mascherine potrebbero diventare dei dispostivi attivi in grado di “abbattere la carica batterica”.

Va in questo senso il prototipo messo a punto da alcuni ricercatori dell’Università dell’Indiana, che potrebbe rappresentare una soluzione particolarmente efficace. Il principio su cui si basa il prototipo di questa nuova mascherina è basato su un tessuto cosiddetto “elettroceutico”, che utilizza cioè una debole carica elettrica per neutralizzare il coronavirus.

I risultati della ricerca sono confortanti: pare, infatti, che la capacità del virus di contagiare viene completamente eliminata entro un minuto dal contatto con il tessuto.

Il tessuto è in grado di creare un debole campo elettrico in presenza di umidità, come quella provocata dal respiro. Tutto merito della tecnologia, chiamata V.Dox, un tessuto composto da matrice di punti di batterie microcellulari, un reticolo di punti metallici circolari alternati di argento elementare e metalli di zinco, all’interno di un tessuto in poliestere. Lo studio indica che i virus possono essere caricati elettricamente.

Il coronavirus, per esempio, si basa su interazioni elettrostatiche per essere in grado di legarsi al proprio ospite in forma infettiva. Affinché il contagio si diffonda però è necessario che la sua struttura resti stabile. I ricercatori hanno dunque cercato di sfruttare le caratteristiche dei coronavirus per cercare di smantellare questo meccanismo.

«Questo lavoro presenta le prime prove che dimostrano che le caratteristiche fisiche dei coronavirus possono essere sfruttate per renderle non infettive a seguito del contatto con tessuto elettroceutico che genera campi elettrici deboli», ha dichiarato Chandan Sen, autore principale dello studio e direttore dell’Indiana Center for Regenerative Medicine and Engineering presso la Indiana University School of Medicine.

La mascherina, attualmente, è in attesa di ricevere l’approvazione da parte della Food and Drugs Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici.

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