Andrea Geremicca su LINKEDIN

Il linguaggio è una delle tecnologie più potenti che l’uomo abbia mai creato,  attraverso le parole possiamo condividere pensieri molto complessi che altrimenti rimarrebbero confinati nella nostra mente.

Si tratta di semplici suoni, rumori e soffi, che generano delle vibrazioni nell’aria. Queste viaggiano velocemente, arrivano ai timpani, e da lì in poi il cervello inizia a elaborare i dati, prende queste vibrazioni e le trasforma in pensieri. Questo funziona per tutti… o meglio, quasi per tutti 🙂

Attraverso il linguaggio potrei farvi immaginare una cosa a cui non avete mai pensato prima, potrei chiedervi ad esempio d’immaginare un panda che fa lezione in un’università americana a quaranta pizze margherita sedute su sedie di cristallo. Se avete già avuto questo pensiero prima d’ora vi consiglio di chiudere LinkedIn e cercare un terapista, uno di quelli bravi.

Alcune lingue hanno suoni diversi, sono formate da parole diverse e hanno anche strutture diverse. Per molti anni ci siamo chiesti “il nostro linguaggio influisce sul nostro modo di pensare?” Grazie alle nuove tecnologie diagnostiche e al nuovo importantissimo “hype” sulle neuroscienze siamo arrivati a una risposta condivisa da molti scienziati: SI!

Partiamo dal concetto di tempo, oggetto di questo articolo.

Noi italiani (e non solo) siamo soliti dire “il futuro che abbiamo davanti a noi”, “il passato è alle spalle.” Troviamo questo modo di dire in tante forme differenti: “hai tutta la vita davanti…”, “lasciamoci tutto alle spalle e andiamo avanti…”

Lo spazio temporale sembra ovvio, si prosegue in linea continua dal passato verso il futuro, noi siamo i protagonisti, vediamo il mondo in relazione a noi stessi, siamo al centro di una rete che potremmo definire egocentrica.

Questo ci porta a pensare che il futuro sia un posto che stiamo raggiungendo, senza considerare che il futuro non esiste, o meglio che non ne esiste uno solo perchè in base a quello che facciamo nel presente potremmo ottenere tantissimi diversi futuri. Tanti futuri possibili tra cui troviamo il nostro preferito, o quello più probabile o meno probabile, etc etc.

Il nostro modo di parlare del futuro ci condiziona nel percepirlo.

In molte altre lingue e culture passato e futuro invertono i ruoli; il futuro è per noi ignoto, non possiamo vederlo e dunque si trova alle nostre spalle. Ciò che possiamo vedere e valutare è invece il passato, ed è per questo che in molte culture il passato si trova davanti a noi.

Questa semplice differenza linguistica suggerisce che molti popoli studiano moltissimo il passato per creare il futuro, consapevoli che a nessuno è concesso vederlo o prevederlo (giusto per tornare a un’altra locuzione molto comune a noi italiani).

Esistono poi alcune tribù in Australia che non utilizzano termini comuni in tutto il resto del mondo come destra e sinistra.  Tutto per loro è esprimibile in: nord, sud, est e ovest.

Quando dico tutto, intendo proprio tutto.

Potreste sentire qualcosa del tipo: “Oh, hai una zanzara sulla gamba a sud ovest”. Oppure: “Sposta la tazza un po’ più a nord-nord est”. Di fatto, il modo in cui si dice “Ciao” per loro è: “Da che parte stai andando?” E la risposta è: “In lontananza verso nord-nord est. E tu?” 

Lo stesso numero di volte che noi diciamo buongiorno loro rispondono raccontando a qualcuno dove stanno andando. Tutti in quelle tribù hanno bene in mente il posto dove stanno andando perchè è insito nel loro modo di parlare. Questo li aiuta a orientarsi bene sia nello spazio che nel tempo.

Se vi chiedessi di mettere in ordine delle foto dalla più recente alla meno recente non avreste dubbi sul come farlo, non da sopra a sotto o in diagonale, ma da sinistra a destra, è così che immaginiamo il tempo. Ma se fate vedere quello schema a un arabo lui la leggerà al contrario. E se lo facessimo in queste tribù di cui vi parlavo?

Succede una cosa molto interessante, a seconda di dove sono cambia il verso del tempo, perchè per loro il tempo è nel mondo che li circonda e non è quindi determinato dal corpo. Come vi dicevo, noi abbiamo una visione di futuro molto egocentrica, pensiamo che il tempo si sposti a seconda di dove siamo noi.

Guardate questa immagine.

Alcune lingue si distinguono anche per come raccontano o descrivono eventi di questo tipo. In italiano o inglese diremmo: “Quel signore ha rotto il vaso”. In una lingua come lo spagnolo, è molto più probabile sentire: “Il vaso è stato rotto”, o: “Il vaso si è rotto”. Questo perchè è stato un imprevisto, non lo ha fatto di proposito. In italiano noi diciamo mi sono rotto la gamba, in molte lingue, non si potrebbe usare mai questo costrutto, a meno che non siamo completamente pazzi e abbiamo deciso di romperci il braccio di proposito con esito positivo.

Ricordare le cose in maniera diversa ha effetti evidenti sull’immaginare il futuro.

Sapevate che in alcune regioni del sud Italia, nei dialetti non esiste il futuro come tempo? Utilizzano il presente come tempo verbale e poi aggiungono domani o qualcosa che ne faccia percepire il momento.

L’obiettivo di questo articolo non è quello di farci apprezzare delle differenze linguistiche, ma farci comprendere che esistono moltissimi modi di osservare il futuro e il passato e mentre in molti provano a trovare risposte sul futuro che ci attende, credo che le domande siano molto più importanti: perchè penso in questo modo? Potrei immaginare il futuro in maniera diversa? Cosa posso fare per realizzare il futuro che ho immaginato?

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