Le costrizioni e la super quarantena legate all’emergenza COVID19, lo smart working , la didattica a distanza ed i blocchi imposti dal governo hanno aumentato la domanda e l’utilizzo di app di videoconferenza, sia per uso aziendale che personale. Durante la settimana dal 14 al 21 marzo le app di business conferencing hanno registrato una crescita record superando complessivamente i 62 milioni di download, con una percentuale media giornaliera che segna un incremento del 1800%.

Gran parte della crescita nella categoria è dovuta alla maggiore adozione di app come Google Hangouts Meet, Microsoft Teams e Zoom. Quest’ultimo è salito in cima alle classifiche di tutto il mondo a febbraio e marzo e continua a vedere un numero elevato di download ogni giorno.

“Poiché le persone affrontano tempistiche incerte per quanto riguarda la lunghezza dell’isolamento sociale, le app di videoconferenza hanno il potenziale per influenzare notevolmente le nostre abitudini quotidiane – abbattendo le barriere geologiche e geografiche , promuovendo la capacità di lavorare e socializzare in modo relativamente uniforme”, ha osservato App Annie, nel suo rapporto. “È un momento senza precedenti per il mondo e un tempo incredibilmente dinamico per i dispositivi mobili: stiamo assistendo a cambiamenti giornalieri della superficie del comportamento dei consumatori praticamente in ogni settore”, ha concluso l’azienda.

L’incremento causato dal coronavirus non riguarda solo i download di nuove app, ma anche l’uso di quelle già presenti sui nostri telefoni. I Report , ad esempio, danno l’uso di WhatsApp in aumento del 40% e di Facebook del 37%. Più in generale, l’uso dei browser per navigare in rete è salito del 70%, la fruizione della tv tradizionale del 63% e i social media del 61%.

E’ chiaro che ogni fenomeno in ascesa repentina crea tempi e modi di adattamento ed utilizzo diversi per ogni individuo, come credo sia giusto. Ma, a volte, l’abuso dell’utilizzo dello strumento, il disagio di coartazione, l’isolamento spaziale e temporale e mettiamoci pure la non padronanza del mezzo, porta a generare degli effetti collaterali inaspettati, e a volte genera mostri. E’ il caso di alcuni nuovi fenomeni di massa generati e consumati dentro la piattaforma.Uno di questi è chiamato “zoombombing”

Il “Zoombombing”, è la pratica di interrompere videolezioni e riunioni di vario genere in corso con messaggi scemi o, nei casi peggiori, pornografici, razzisti e offensivi. Questo succede perché Su Zoom, esiste un’impostazione predefinita che consente a qualsiasi partecipante alla riunione di condividere il proprio schermo senza l’autorizzazione dell’host di un evento. Chiunque abbia avuto il link della riunione pubblica può partecipare. I collegamenti agli zoom pubblici sono scambiati addirittura nei gruppi di Facebook e nelle chat di Discord ( altro social per il gaming on-line ) e sono facilmente individuabili su Twitter e sulle pagine degli eventi pubblici.

Chi organizza gli incontri su Zoom può rimuovere un partecipante fastidioso in qualunque momento, ma se gli Zoombombing sono portati avanti da più persone contemporaneamente può essere difficile. Queste aggressioni infatti sono spesso organizzate in modo simile alle campagne di insulti, minacce e molestie sui social network che si sono viste più volte negli ultimi anni – una delle più note fu il cosiddetto “GamerGate”, nel 2014 – e ai gruppi che condividono immagini di nudità o atti sessuali diffuse senza il consenso della persona che ritraggono.

Certo , molto spesso, lo spirito con cui vengono fatte queste sortite è goliardico ovvero attuate da ragazzi costretti a stare in casa, pieni di compiti da fare che disturbano le lezioni di scuola un po’ per noia e un po’ per ribellione verso l’isolamento forzato in casa. Molti di essi sono gestori di account di Instagram che condividono video divertenti presi da TikTok o meme , e per aumentare il numero dei propri follower diffondono informazioni su incontri su Zoom, invitando chi li segue a irrompere nella diretta facendo qualcosa di buffo.

Altre volte invece, le incursioni sono molto meno innocenti. Rientrano in questa categoria quelle per esempio organizzate da gruppi di adulti che, dopo essere entrati in contatto su forum e social network, pianificano gli attacchi alle videoconferenze su Zoom usando Discord, una piattaforma molto usata per chattare mentre si gioca ai videogiochi. In queste chat si condividono codici di accesso a Zoom, ci si mette d’accordo su un orario in cui compiere le interruzioni e vengono decise scale di “punti” che si possono ottenere facendo una certa azione di disturbo piuttosto che un’altra. Tra i codici che vengono condivisi ci sono quelli di videolezioni di scuole , di incontri di supporto psicologico a ragazzi trans e di gruppi di alcolisti anonimi. Alcuni Zoombombing sono stati registrati dai loro autori e i video sono stati diffusi su YouTube e Twitch, uno dei social per il gaming più noti.

Zoom doveva essere, assieme al supporto della tecnologia digitale, uno di quegli strumenti per rimanere in contatto con il mondo reale, con gli affetti, il lavoro ed la confidenza di una vita che nonostante tutto , vuole andare avanti. Per certi versi un luogo sicuro. Per molti però sembra diventare uno spazio dove sentirsi indifesi in un momento di enorme instabilità.

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